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  Il 
                                vero nome di Masaniello è Tommaso Aniello 
                                d'Amalfi; egli nacque a Napoli nel 1620. Le sue origini furono molto umili: era nato in 
                                una famiglia povera, rimase analfabeta e si guadagnava 
                                da vivere facendo il garzone di un pescivendolo 
                                nel quartiere Mercato. Si narra che fosse particolarmente 
                                arguto e sveglio, che avesse talvolta però 
                                reazioni violente. Ciò lo condusse molte 
                                volte nelle carceri dell'Ammiragliato.
 Proprio in carcere conobbe il dottor Marco Vitale, 
                                un seguace di G. Genoino che lo mise in contatto 
                                con i sostenitori borghesi della futura rivolta.
 Masaniello conobbe in tali circostanze anche Genoino, 
                                uno dei protagonisti dei tumulti antinobiliari 
                                del 1620 e sostenitore di una riforma del governo 
                                cittadino; egli proponeva che anche una rappresentanza 
                                popolare avesse facoltà di voto come accadeva 
                                per i ceti nobiliari. Vitale e Genoino riconobbero 
                                in Masaniello colui che per ambizione e carattere 
                                potesse fomentare e trascinare il popolo alla 
                                rivolta.
 Il pretesto della sommossa scoppiata nel 1647 
                                fu il ristabilimento dell'odiata gabella sulla 
                                frutta. Già nel giugno di quell'anno si 
                                verificarono diversi incidenti tra il popolo e 
                                i detentori del potere.
  Il 7 luglio 1647 Masaniello guidò una dimostrazione 
                                di protesta popolare contro la gabella sulla frutta; 
                                la dimostrazione di protesta sfociò in 
                                una rivolta che coinvolse anche i quartieri adiacenti 
                                al mercato. Masaniello aveva suggerito ai bottegai 
                                di rifiutarsi di pagare la tassa sulla frutta.
 La sommossa portò alla fuga del viceré 
                                Duca d'Arcos e al controllo della città 
                                da parte della plebe e di Masaniello. A questa 
                                prima fase della rivolta partecipò anche 
                                il popolo "civile" guidato da Genoino, 
                                che insieme ad altri agitatori impartiva ordini 
                                dalla Chiesa del Carmine. Dopo la fuga del viceré 
                                spagnolo, subito si diede avvio ad una serie di 
                                riforme in campo
 amministrativo, militare ed economico (furono 
                                varate nuove tabelle sui prezzi). Il cardinale 
                                Filomarino, arcivescovo di Napoli, fece da mediatore 
                                con il governo spagnolo; si raggiunsero una serie 
                                di accordi, in base ai quali gli invasori non 
                                perdevano il proprio potere e il popolo vedevano 
                                accettate le proprie richieste.
 Il 13 luglio furono ufficialmente abolite le gabelle.
 Per Masaniello non fu però un momento di 
                                gloria perché aveva molti nemici da cui 
                                difendersi. Il 10 luglio il duca di Maddaloni, 
                                mise in atto un attentato alla vita di Masaniello, 
                                che però riuscì a salvarsi. Grazie 
                                a tale impresa, il viceré tentò 
                                prima di corromperlo e poi fu costretto a nominarlo 
                                "capitano generale del fedelissimo popolo 
                                di Napoli". Masaniello godeva di un grande 
                                prestigio presso il popolo che riuscì a 
                                tenere unito contro gli spagnoli.
  Proprio tale sostegno gli inimicò anche 
                                la classe degli artigiani e dei piccoli commercianti 
                                che temevano per le loro attività. L'improvvisa 
                                notorietà e fortuna, l'abbandono dei suoi 
                                fautori gli sconvolsero la mente sino a condurlo, 
                                in un paio di giorni, a una pazzia furiosa. Il 
                                16 luglio Masaniello fu così assassinato, 
                                secondo alcuni dai suoi compagni, secondo altri 
                                dagli uomini del viceré, che lo trovarono 
                                nella chiesa del Carmine, dove si era rifugiato. 
                                I suoi funerali furono il primo atto della rivolta 
                                antispagnola che da Napoli dilagò anche 
                                nelle province del regno. A Masaniello spesso si è rimproverato la 
                                mancanza di consapevolezza storica, ma ciò 
                                non ha impedito che si creasse intorno alla sua 
                                figura il mito dell'eroe popolare. Molto è 
                                stato scritto su Masaniello, che ha spesso ispirato 
                                varie opere teatrali.
 
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